Molti progetti digitali nascono con l’obiettivo di validare rapidamente un’idea: si parte con uno stack serverless, si sfruttano le potenzialità del cloud per ridurre i costi iniziali, e ci si concentra esclusivamente sulla funzionalità. In un contesto in cui il time-to-market è cruciale, il serverless sembra la soluzione perfetta.
È una strategia sensata… fino a un certo punto.
Se non viene accompagnata da una visione evolutiva dell’architettura cloud, quella stessa scelta iniziale può diventare il punto debole del progetto.
Cos’è un MVP (Minimum Viable Product)?
MVP è l’acronimo di Minimum Viable Product, ovvero prodotto minimo funzionante. Si tratta di una versione semplificata di un’applicazione o servizio, creata per testare un’idea di business in modo rapido e con costi contenuti.
L’obiettivo di un MVP è verificare che l’idea funzioni, che ci sia un reale interesse del mercato e che gli utenti siano disposti a utilizzarlo. Tuttavia, un MVP non è pensato per durare, ma per imparare e poi evolvere.
Il contesto del progetto: da MVP a sistema mission-critical
Un nostro cliente, una realtà tech in forte espansione, ci ha contattati in seguito a problemi sempre più frequenti legati alla stabilità e alla manutenibilità della propria infrastruttura cloud. Il sistema, nato come MVP interamente basato su tecnologie serverless, era stato portato avanti senza un ripensamento architetturale, nonostante la crescita continua degli utenti e delle funzionalità.
Le principali criticità riscontrate in ambiente serverless
- Funzioni Lambda con forti dipendenze reciproche, difficili da gestire e testare
- Timeout e errori dovuti a cold start e limiti temporali di esecuzione
- Costi sempre più difficili da prevedere a causa della scalabilità automatica
- Scarsa osservabilità: log distribuiti e assenza di un sistema di monitoraggio unificato
- Lock-in tecnologico verso un unico cloud provider, con difficoltà nel migrare o estendere
Il nostro approccio: un piano di transizione graduale verso un’infrastruttura scalabile
Per evitare interruzioni dei servizi, abbiamo elaborato un piano di migrazione step-by-step che ha permesso di modernizzare l’infrastruttura senza compromettere l’operatività.
Le attività principali che abbiamo svolto:
- Contenimento e consolidamento delle Lambda Functions, eliminando la frammentazione
- Containerizzazione dei servizi core utilizzando AWS Fargate, migliorando la prevedibilità delle performance
- Introduzione di strumenti di osservabilità avanzata, con CloudWatch, OpenTelemetry e alerting centralizzato
- Separazione chiara degli ambienti di sviluppo, staging e produzione, con policy di sicurezza ben definite
- Gestione dell’infrastruttura come codice (IaC) tramite Terraform, per garantire versioning, coerenza e governance
I benefici ottenuti dalla nuova architettura cloud
Grazie alla nuova architettura:
- Il team di sviluppo ha potuto lavorare con maggiore autonomia e visibilità su ambienti ben strutturati
- Il sistema è diventato più stabile, scalabile e monitorabile, con un impatto positivo su utenti e stakeholder
- Il cliente ha potuto integrare nuove funzionalità in tempi più brevi e con minor rischio
- I costi infrastrutturali si sono stabilizzati, con una maggiore trasparenza rispetto ai consumi
Conclusioni: il serverless è uno strumento, non una strategia
Il serverless non è un errore. Al contrario, può essere un formidabile alleato nella fase iniziale di un progetto, permettendo iterazioni rapide e test di mercato efficaci. Ma deve essere gestito con la consapevolezza che, una volta superata la fase MVP, serve una strategia di evoluzione infrastrutturale in cloud.
In Shellonback affianchiamo startup e aziende tecnologiche nella transizione da progetti sperimentali a soluzioni robuste, affidabili e pensate per crescere.
Se stai affrontando un problema simile o hai bisogno di una valutazione tecnica della tua infrastruttura attuale, contattaci attraverso la nostra pagina dedicata:
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Saremo felici di ascoltare la tua storia e aiutarti a costruire le basi per il futuro del tuo progetto.